Migliaia di pazienti sono in cerca da tempo di quello che per loro non è altro che un farmaco, la cannabis, che è ormai introvabile in tutta Italia. La distribuzione, a singhiozzo da agosto dell’anno scorso, è stata interrotta del tutto ad inizio dicembre ed ora l’attesa è per la fornitura straordinaria di 100 chilogrammi che inizierà ad essere distribuita presumibilmente verso la metà o la fine di febbraio.
I pazienti che per le patologie più disparate avevano iniziato un trattamento a base di cannabis, hanno dovuto interrompere la cura, con risultati disastrosi perché significa praticamente ritornare alle condizioni di partenza, sia per l’epilessia farmaco-resistente che ad esempio per il dolore cronico.
Una carenza che non fa sconti nemmeno ai pazienti più giovani, come i bambini in cura all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova: ne abbiamo parlato con il dottor Luca Manfredini, pediatra che lavora nel reparto di cure palliative.
Quanti bambini avete in cura?
In questo momento quasi nessuno, nel senso che non avendo più infiorescenze disponibili abbiamo 3 o 4 bambini che stanno terminando la fornitura. Noi avevamo 22 bambini arruolati in un percorso di cure con la cannabis.
Per quali patologie?
Sostanzialmente per patologie neurologiche e neurodegenerative quindi sostanzialmente epilessia farmaco-resistenti con tetraparesi spastica (una forma di paralisi cerebrale che compromette il movimento degli arti inferiori e superiori, ndr) e dolore da ipertono generalizzato. Non stiamo ancora lavorando nell’ambito del dolore cronico in ambito pediatrico per gli effetti collaterali che potrebbe dare la cannabis ad alto valore di THC in un utilizzo a lungo termine, e nel dolore cronico il THC è fondamentale. Vorremmo iniziare nel 2018 il trattamento col Bedrocan nei casi di dolore oncologico terminale infantile, ma essendosi interrotte le cure con il Bediol e FM2 (varietà di cannabis cannabis con percentuali di CBD leggermente superiori a quelle del THC, la prima importata dall’Olanda, la seconda prodotta a Firenze, ndr) siamo aspettando di ripartire in modo più organico, perché al momento abbiamo parecchie difficoltà.
Ad esempio?
Siamo stati costretti a ridurre progressivamente il dosaggio e ad un certo punto a sospenderlo del tutto. Lo Stabilimento farmacologico militare è dai primi di dicembre che non ci fornisce più infiorescenza.
Cosa comporta per un paziente interrompere questo tipo di cure?
Significa perdere tutti i benefici acquisiti con l’introduzione della cannabis. Per dare un’idea avevamo pazienti che avevano 15/20 episodi convulsivi al giorno tra maggiori e minori, in terapia con 3 o 4 farmaci anticonvulsivi, che sono passati a uno o due episodi convulsivi al giorno con l’introduzione della cannabis. Il paziente che seguiamo da più tempo l’ha introdotta circa 18 mesi a dicembre 2017: prendeva 4 farmaci antiepilettici che sono stati sospesi. Negli altri, visto il follow up troppo breve, non avevamo ancora iniziato a scalare i farmaci per cui la terapia di base non è stata modificata: l’introduzione della cannabis aveva portato un miglioramento nel controllo delle crisi convulsive.

Nicole somministra un estratto di cannabis al figlio Chase affetto da epilessia farmaco-resistente
L’altra conseguenza dell’interrompere le cure con la cannabis è il ritorno all’ipertono generalizzato: i pazienti che erano rigidi ed avevano ridotto il loro ipertono, purtroppo sono tornati di nuovo ad essere rigidi. Con difficoltà che si aggiungono per i familiari e per il fisioterapista.
Quando prevede che sarà di nuovo disponibile la cannabis?
A metà gennaio dall’ufficio che si occupa della dispensazione della FM2 a Firenze hanno detti che per l’importazione straordinaria di 100 chilogrammi cannabis dall’estero non si saprà nulla fino a fine gennaio (la previsione è che inizierà ad esser distribuita verso la metà o la fine di febbraio, ndr) ed abbiamo avvisato i genitori.
Il problema è che i pazienti aumentano in modo esponenziale o che il ministero sta sottostimando il quantitativo di cannabis necessario? Perché sembra che si preannunci un 2018 peggio del 2017…
Quello che posso dire è che un giorno sì ed uno no ricevo una mail o una telefonata da parte di un genitore di un bambino che ha una patologia per la quale potenzialmente sarebbe utile la cannabis. Se ne parla di più e cominciano ad esserci esperienze positive sia negli adulti che in ambito pediatrico, anche se più limitate, quindi c’è molta meno diffidenza rispetto ad un tempo e le richieste sono decisamente aumentate. Non so quale possa essere la pianificazione della fornitura, ma nel 2017 intorno alla fine di agosto abbiamo iniziato ad avere difficoltà nel reperire la cannabis e quindi se non si fa un’adeguata pianificazione c’è il rischio che andremo a finire nella stessa direzione anche perché le richieste oggettivamente aumentano progressivamente.
Anche in ambito pediatrico c’è il passaparola tra i pazienti ed i genitori si parlano e si informano.
In Canada e in Israele, che sono paesi meno popolosi del nostro, ne dispensano tra le 9 e le 11 tonnellate l’anno, da noi la cannabis a disposizione per quest’anno sarà circa 400 chili a fronte dei 300 del 2017…
La differenza da noi con il 2017 è irrisoria e l’aumento si pazienti sarà ben superiore. Solo oggi da noi ci saranno 40 o 50 pazienti che aspettano di essere valutati, ma ad ottobre mi sono fermato, perché quando ho visto che avevamo difficoltà a proseguire con i pazienti già in trattamento ovviamente non ho arruolato nessun altro anche perché inserire un paziente e poi, dopo 15 giorni quando magari arrivano i primi risultati positivi, sei costretto a dover sospendere la terapia, allora tanto vale non iniziare nemmeno.
Cosa direbbe al ministro della Salute Lorenzin o a chi sarà incaricato a marzo se ne avesse la possibilità? Da medico secondo lei qual è la priorità?
Direi che dovrebbe venire un giorno a fare l’ambulatorio con me. Solo questo. E parlare con i genitori e vedere i pazienti dopo un mese di trattamento.
La cosa più bella che mi ha detto una mamma di una bambina che aveva una situazione di epilessia farmaco-resistente molto importante con crisi continuative, mi ha detto: “Dottore dopo 3 mesi da quando abbiamo introdotto la cannabis io finalmente sono ritornata a lavorare, mezza giornata, perché ho trovato una persona che aveva il coraggio di stare con mia figlia”. Un risultato non da poco, nessuno prima aveva il coraggio di stare con la figlia per i continui episodi convulsivi invece così la situazione era decisamente più controllata e la cannabis ha dato loro l’opportunità di riprendere anche una vita sociale normale. L’ho visto come un risultato molto positivo aldilà del numero delle crisi al giorno e del miglioramento del tracciato nell’elettroencefalogramma; un segno molto evidente del fatto che comunque qualcosa era cambiato talmente tanto che erano anche migliorata la vita quotidiana della famiglia.
Noi ci proviamo in tutti i modi per cercare di far passare questo messaggio.
Mario Catania